GOAT conversation: chi è il più grande di sempre nelle MMA?
Nei più infimi bar-sport come nei più rinomati dibattiti tra esperti e addetti ai lavori, una tra le discussioni più frequenti che si sentono circolare è quella su chi sia il migliore di sempre in questa o quella disciplina. A domande del genere si sente rispondere nelle maniere più buffe e disparate, spesso con opinioni supportate da nient’altro che i gusti individuali, e quindi ben poco attendibili. Ma per quanto riguarda uno sport come le arti marziali miste, la varietà di risposte possibili è forse più che mai giustificata, come vedremo.
A rendere la “GOAT conversation” delle MMA così aperta sono soprattutto le soggettività dei criteri di scelta e delle qualità di grandi campioni in gioco, che renderebbero il paragone tra un José Aldo e uno Stipe Miocic, un po’ come quello tra mele e pere.
Per questioni di tempo, l’analisi riguarderà solo 7 nomi, mentre molti altri, tra cui Cormier, McGregor, Volkanovski e i sopracitati Aldo e Miocic, saranno scartati a malincuore: alcuni perché il loro picco massimo non basta per eclissare la parabola discendente del loro finale agonistico, altri perché caduti proprio ai danni di alcuni nomi che vedremo più avanti. In più, sarà prevalente la presenza di atleti UFC, per via del maggiore livello di competizione nella promozione.
Nella selezione finale troviamo campioni le cui carriere sono comunque spesso criticate, com’è normale che sia, ma che comunque non possono essere in nessun modo ignorate. La lista non rappresenta una classifica, ma solo un elenco di tutti coloro che hanno delle ragioni valide per poter essere definiti tra i migliori in assoluto.
1: Jon Jones
Uno dei più grandi e completi, ma anche uno dei più discussi e controversi, “Jonny Bones” è diventato a 23 anni il più giovane campione della storia della UFC, di cui è detentore del primato di ben 17 titoli totali.
Il suo regno nei mediomassimi è stato caratterizzato dalla dominazione assoluta di avversari pericolosissimi come Cormier e Teixeira, e la sua attuale parentesi nei massimi è ancora in corso, rendendolo campione in due categorie di peso.
A macchiare la sua carriera, però, l’onta del doping in più occasioni e le rispettive squalifiche, varie scorrettezze nell’ottagono (le dita negli occhi sono diventate ormai un suo tratto distintivo), ed alcune vittorie ai punti quantomeno discutibili, come quelle su Gustafsson, Santos e Reyes. Il rifiutarsi di unificare il titolo dei massimi con Tom Aspinall, che Bones cerca di evitare come la peste, è un altro argomento a favore dei suoi detrattori.
2: Georges Saint-Pierre
Altra scelta ovvia, altro fenomeno generazionale, altro doppio campione, GSP è stato di gran lunga il più vincente peso welter della storia delle MMA, con ben 12 titoli, ed infine campione dei pesi medi, sconfiggendo Michael Bisping a tre anni dal suo primo ritiro.
Se non fosse stato per lo stile conservativo e poco eclatante della seconda metà della sua carriera e per le due sconfitte patite contro Hughes e Serra, il giudizio in suo favore potrebbe essere più netto. Nonostante il trionfo in entrambi i rematch, il KO al primo round subito dal nettamente inferiore Matt Serra è troppo difficile da dimenticare. In ogni caso, lunga vita a GSP. Impossibile non amarlo.
3: Khabib Nurmagomedov
Il terrore che il dagestano incuteva negli occhi degli avversari era semplicemente ineguagliabile. A differenza del suo inizio di carriera piuttosto irrilevante, la sua inesorabile scalata alla vette della UFC è stata incredibile e spaventosa, annientando chiunque si presentasse lungo il suo cammino a suon di cardio infinito, top control a livelli tuttora mai visti, ground and pound e sottomissioni, e perdendo ufficialmente solo due round in tutta la sua permanenza nella promozione.
Per molti il suo ritiro prematuro, dopo solo tre difese del titolo, è ancora difficile da digerire; per altri, non c’era comunque bisogno di ulteriori dimostrazioni del suo dominio incontrastato della divisione dei pesi leggeri. Un perfetto esempio di: “lascia lo sport prima che lo sport lasci te”.
4: Amanda Nunes
Sconfiggere per due volte Valentina Shevchenko è già di per sé un traguardo da incorniciare; demolire al primo round icone come Ronda Rousey e Cris Cyborg, poi, non può che consolidare per sempre il tuo nome nell’olimpo di questo sport.
C’è chi fa notare le sue 5 sconfitte in carriera, di cui 4 prima del limite, ma lo status di prima ed unica donna detentrice di due titoli simultaneamente (nei pesi gallo e piuma) e le 11 vittorie titolate complessive in UFC, sono traguardi impossibili da trascurare.
Le mani pesantissime ed il continuo ampliarsi del suo bagaglio tecnico hanno fatto della leonessa un fenomeno in perenne evoluzione, e quasi sempre in meglio.
5: Demetrious Johnson
Indiscutibilmente il più grande peso mosca di sempre per distacco, DJ è il recordman di difese consecutive di un titolo UFC: ben 11, e secondo la maggior parte degli esperti, il lottatore più completo che si sia mai visto in circolazione. Il suo stile è pura arte in movimento (vedasi l’armbar ai danni di Ray Borg), ed il suo regno ha fatto scuola in tutto il mondo.
Ciò che Mighty Mouse ha pagato negli anni è stata la scarsa attenzione di pubblico e critica alla categoria delle 125 libbre, considerata meno pericolosa e rendendo meno impressionanti le sue vittorie agli occhi di molti. Questa divisione, che agli albori della sua carriera non esisteva neppure, lo costrinse a combattere nei pesi gallo, perdendo prima per decisione contro Dominick Cruz, e poi, dopo il suo passaggio a ONE, per KO per una ginocchiata di Adriano Moraes. In mezzo, la split decision sul filo del rasoio a favore di Henry Cejudo e quella trilogia che purtroppo non arrivò mai.
6: Fedor Emelianenko
Nei primi anni Duemila, l’ultimo imperatore sembrava la cosa più vicina al concetto di “imbattibile” che si potesse mai concepire. In Pride divenne ben presto campione, mostrando la completezza del proprio repertorio di Sambo e sottomissioni di ogni genere, ma dando anche prova di una durezza d’altri tempi in una promotion con regole ancora più spietate di quelle di oggi (iconica la sua armbar su Kevin Randleman, dopo esser stato lanciato a terra, cadendo sulla sua testa a velocità ipersonica).
Durante la sua permanenza nell’organizzazione giapponese, Fedor distrusse leggende del calibro di Mirko Cro Cop, Mark Hunt, Antonio Nogueira e molti altri.
Quando un tale gigante cade, però, fa tanto rumore, e questo è accaduto a Fedor a partire dalle tre, sonore sconfitte di fila in Strikeforce, per poi concludere la sua lunga e triste parabola finale in Bellator a quasi 47 anni.
7: Anderson Silva
L’arrivo in UFC del ragno, nel lontano 2006, fu un terremoto sportivo di proporzioni epiche. Prima di allora non si era mai visto nessuno surclassare avversari di livello mondiale con una tale nonchalance; il brasiliano sembrava quasi annoiarsi nella gabbia, e non era raro vederlo schernire e deridere i propri avversari, per poi disintegrarli in modi spettacolari e sempre diversi, forte della propria superiorità sotto ogni aspetto.
I suoi 11 titoli UFC nei pesi medi, intervallati da sporadici exploit nei mediomassimi, lo rendono uno dei campioni più vincenti di sempre.
Ma il destino è beffardo, e così Anderson, nel pieno della sua mania di onnipotenza, venne punito amaramente da Chris Weidman con il più beffardo dei KO, per poi rompersi la gamba nel rematch, in uno degli infortuni più tragici di questo sport, che inaugurò il suo tracollo agonistico, composto di disfatte continue e pure di una sospensione di un anno per doping.
Come abbiamo visto, la discussione su quale fighter possa prevalere sugli altri è ancora più incerta che mai. Tutti loro hanno delle ragioni valide per dirsi “i migliori”, ma in questi casi la preferenza si riduce ad un mero gusto personale, poiché non esistono canoni universali e nessuno prevale nettamente sugli altri in maniera limpida ed inequivocabile.
Tanti altri ancora in attività come Alex Pereira, Ilia Topuria e Islam Makhachev hanno tutte le carte in regola per scalzare gli eroi del passato, ed è un privilegio incredibile vivere in un’epoca così entusiasmante per questo sport, per potersi godere la loro scalata all’immortalità.
Articolo di Ivan Bruzzichini