Boxing History – Vito Antuofermo

Un jab destro, un altro. Poi all’improvviso un diretto sinistro. Il sangue colava da tutte le parti, ma una voce dentro di sé gli diceva di continuare a combattere. Di fronte c’era Marvin Hagler, The Marvelous, il Meraviglioso, ma per lui era solo un uomo. La folla intanto urlava impazzita mentre i due si scambiavano combinazioni furibonde.

Si dice che quando si riceve un colpo il nostro cervello registri quanto accaduto e in una frazione di secondo decida come farci comportare. Di solito la prima reazione è quella di indietreggiare, cercando quindi di allontanarsi il più possibile dalla minaccia. La seconda invece è quella di rispondere. Un meccanismo, soprattutto quest’ultimo, che Vito Antuofermo deve aver inconsciamente attivato un numero infinito di volte durante la sua carriera di pugile. La sua è la tipica storia dell’emigrato italiano, di quelli che lasciarono il loro Paese sin dai primi del ‘900 per inseguire il sogno americano.

Nato il 9 febbraio del 1953 a Palo del Colle, un comune nella Provincia di Bari, si trasferì nel 1968 insieme alla sua famiglia a Brooklyn. Erano anni di grande fermento politico quelli, ma Vito aveva una sola cosa in testa: lavorare. A soli quindici anni così riuscì a farsi assumere come garzone in una macelleria, poi come giardiniere, in seguito anche come camionista e fattorino. Svolse per un po’ anche il lavoro di “strillone”, ovvero quei ragazzi che spesso vediamo nei film americani e che gridano agli angoli delle strade annunciando i titoli dei giornali. Qui, qualche volta, gli capitò anche di urlare notizie sulla boxe. Quelli d’altronde erano gli anni di Joe Frazier o delle sfide tra Benvenuti e Griffith. Ma a Vito la nobile arte, a quei tempi, non interessava. Sarebbe stata poi lei, quasi come un’amante irresistibile, a interessarsi a lui.

Era il 1970 e un Antuofermo ormai diciassettenne era diventato, nel modo di pensare e di comportarsi, un perfetto ragazzo americano. Vestiva con capi sgargianti che sicuramente non lo facevano passare inosservato e, ovviamente, si interessava alle ragazze. Un giorno, durante una sagra a Brooklyn, di quelle che si allestiscono in strada con tanto di tavoli e tutto il resto, Vito finì con il litigare con un suo coetaneo. Motivo della disputa, nemmeno a dirlo, una ragazza. Antuofermo non è un gigante ma ha un fisico compatto, forgiato dal lavoro. La rissa durò poco più di un minuto. Il tempo di un paio di cazzotti ed il suo avversario stramazzò al suolo. Ad evitare guai peggiori al malcapitato arrivò in soccorso la polizia, che prelevò forzatamente Vito e lo portò in commissariato. Il destino volle che uno di quei poliziotti che aveva assistito alla scena era un grande appassionato di boxe. Aveva visto con quanta ferocia il giovane Antuofermo si era battuto e intuì che nonostante fosse ancora un pezzo grezzo di argilla, se correttamente plasmato, poteva avere tutte le carte in regola per diventare un buon pugile. Riuscì così ad affidarlo alla Police Athletic Legal, la palestra delle forze dell’ordine. Qui, sotto la guida di Joe La Quaglia, storico maestro italoamericano di boxe, Antuofermo cambiò completamente il suo futuro.

Il primo giorno non andò molto bene. Lo misero infatti subito sul ring per vedere quello che sapeva fare. Era un bel torello, ma i suoi colpi confusi e rabbiosi non gli evitarono una pesante punizione. Ne prese davvero tante, ma il giorno dopo si ripresentò, con la faccia gonfia e con quella voglia di imparare che lo accompagnò per tutta la sua carriera.

Era il 1969 e Vito Antuofermo ci mise pochissimo ad imporsi. Nel 1970 vinse già il Golden Gloves, una delle più prestigiose competizioni per pugili dilettanti che si svolge negli Stati Uniti. L’anno dopo, nel 1971, fallì il bis perdendo in finale con il futuro campione del mondo dei mediomassimi Eddie Gregory. Nonostante questo però Vito aveva già dimostrato di avere stoffa e per questo si buttò a capofitto nel professionismo.

Il suo primo incontro si svolse il 30 novembre del 1971 al Sunnyside Garden, nel Queens. Contro di lui un pugile discreto ma con già diversi match alle spalle come Ivelaw Eastman. Vito si aggiudicò il match ai punti: era solo l’inizio di un percorso fatto di sudore, di gioie, ma anche di tanti sacrifici.

Nei primi anni della sua carriera il Sunnyside Garden divenne la sua casa. Qui sconfisse diversi avversari, cogliendo anche i primi KO. Ne fecero le spese John Presley, Carlos Novotny, Skip Yeaton e Tony Kid Durango. Ben presto divenne celebre in tutta l’area di New York, visto che le sue mani pesanti, oltre al Sunnyside Garden sopra citato, avevano mietuto vittime anche al Singer Bowl, al Gaelic Park, al Felt Forum e al celebre Madison Square Garden.

Un eco che giunse fino in Italia, suo luogo di origine. Così, il 3 maggio del 1974, Vito Antuofermo sfidò Joey Durelle al Palazzetto dello Sport di Roma. L’attesa purtroppo non fu all’altezza del match. Vito infatti stese l’avversario immediatamente e si aggiudicò l’incontro per KO nella prima ripresa. Più o meno un mese dopo, il 7 giugno del 1974, Antuofermo dovette replicare, sempre al Palazzetto dello Sport di Roma. L’avversario questa volta fu Melvin Dennis, che si inchinò, ai punti, al ragazzo di Palo del Colle.

Da quel momento in poi l’ascesa di Antuofermo divenne giorno dopo giorno sempre più importante. Sempre nel 1974, precisamente il 22 novembre, sconfisse al Madison Square Garden con verdetto unanime il grande Emile Griffith. Un successo che lo proiettò poi il 16 gennaio del 1976 alla conquista del titolo europeo dei pesi medi leggeri contro il tedesco Eckhard Dagge, sconfitto in casa sua, alla Deutschlandhalle di Berlino.

Dopo due vittoriose difese, Antuofermo perse il titolo l’1 ottobre del 1976 al Palazzetto dello Sport di Roma contro il britannico Maurice Hope. Un match maledetto fin dall’inizio. Vito infatti dovette perdere due chili nello stesso giorno della pesa ufficiale per poter rientrare nella categoria. Si presentò così all’incontro abbastanza debilitato e subì due conteggi nell’ultima ripresa prima dello stop per KO tecnico.

Tornato a New York tuttavia ebbe modo di rifarsi. Il 4 febbraio del 1978 battè con verdetto unanime al Madison Square Garden un osso duro come Bennie Briscoe, uno che in carriera era riuscito anche a fermare sul pari il leggendario Carlos Monzon.

Questa vittoria diede nuovo slancio ad Antuofermo e gli permise di agguantare un’occasione per il titolo del mondo dei pesi medi. Era il 30 giugno del 1979 ed il teatro era le Chapiteau de Fontvielle, a Monte Carlo. Il suo avversario: l’argentino Hugo Corro. Il match fu durissimo, ma al termine delle quindici riprese a trionfare per split decision fu proprio Vito Antuofermo, che si assicurò il verdetto di due giudici su tre e divenne così il nuovo campione del mondo dei pesi medi.

E veniamo dunque all’inizio di questa storia, ai pugni e al sangue che scorre a fiumi sul ring del Caesars Palace di Las Vegas. E’ il 30 novembre del 1979 e Vito Antuofermo sta disputando la sua prima difesa del titolo mondiale contro Marvin Hagler. Di fronte ha una furia, un sorta di predestinato. Hagler infatti, grazie anche a match epici come quelli contro Roberto Durant, Thomas Hearns, John Mugabi e Sugar Ray Leonard, diventerà uno dei pugili più forti di tutti i tempi. Ma quella notte The Marvelous, il Meraviglioso, dovette scontrarsi con la tenacia di un ragazzo italo americano cresciuto nelle strade di Brooklyn e diventato pugile quasi per caso. Hagler passò dieci riprese a martellare con tutta la sua classe il corpo e la testa di Antuofermo, ma Vito invece di indietreggiare continuò a rispondere. Negli ultimi round il ragazzo di Palo del Colle, con la sua solita e innata grinta, passò poi al contrattacco, colpendo duramente Hagler in più di un’occasione. Uno sforzo che venne premiato dai giudici. Vito infatti recuperò lo svantaggio iniziale ed il match venne dichiarato pari (giudice Duane Ford: 141-145, giudice Dalby Shirley: 144-142, giudice Hal Miller:143-143). La cintura così resto saldamente sulla vita di Antuofermo e il grande annunciato campione Hagler dovette rinviare i suoi sogni di gloria.

Questo invece rimase uno degli ultimi acuti della carriera del ragazzo venuto dall’Italia. Antuofermo infatti perse la difesa successiva del titolo il 16 marzo del 1980 contro il britannico Alan Minter. Un verdetto molto discusso, che vide il giudice Ladislao Sanchez dare la vittoria ad Antuofermo per 145-143 e i giudici Chuck Minker e Roland Dakin dare invece la vittoria a Minter. Se il verdetto di Minker (141-144) ci poteva anche stare, il verdetto di Dakin (137-149) apparve eccessivo a molti, compreso al Segretario Esecutivo della Nevada State Athletic Commission che diede persino del cieco al giudice. Sta di fatto che Antuofermo perse il titolo e fallì anche i successivi assalti contro lo stesso Minter e poi contro Marvin Hagler, che intanto aveva soffiato il titolo proprio all’inglese.

Quello che resta è il ritratto di un pugile dal grande cuore. Un uomo, prima che uno sportivo, che ha lottato per emergere e per sopravvivere. Una faccia di quelle che raccontano benissimo i trascorsi, gli stati d’animo e le speranze. I sogni in sostanza di un uomo che ha lottato nel ring come nella vita.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *